C’è una lotta da fare: occorre sconfiggere l’ideologia della fine della politica e delle virtù prodigiose di un uomo solo al comando. E’ una strada che l’Italia ha già percorso, e sempre con esiti disastrosi. In democrazia ci sono due modi di concepire il potere. Usare il consenso per governare bene. Oppure usare il governo per aumentare il consenso. La prima è la via del riformismo. La seconda è la scorciatoia di tutti i populismi e si traduce in una paralisi della decisione.
Per noi il populismo è il principale avversario di una politica autenticamente popolare. In questi ultimi anni esso è stato alimentato da un liberismo finanziario che ha lasciato i ceti meno abbienti in balia di un mercato senza regole. La destra populista ha promesso una illusoria protezione dagli effetti del liberismo finanziario innalzando barriere culturali, territoriali e a volte xenofobe. Anche quando questo populismo ha pescato il suo consenso all’interno di un disagio diffuso e reale, il suo esito è sempre stato antipopolare.
La sola vera risposta al populismo è in una partecipazione rinnovata come base della decisione. E questo perché la crisi della democrazia non si combatte con “meno” ma con “più” democrazia. Il che significa più rispetto delle regole, una netta separazione dei poteri e l’applicazione corretta e integrale di quella Costituzione che rimane tra le più belle e avanzate del mondo. In questo senso siamo convinti che il suo progetto di trasformazione civile, economica e sociale sia vitale e per buona parte ancora da mettere in atto.
Vogliamo dare segnali netti all’Italia onesta che cerca nelle istituzioni un alleato contro i violenti, i corruttori e chiunque si appropri di risorse comuni mettendo a repentaglio il futuro degli altri. Per noi ciò equivarrà alla difesa intransigente del principio di legalità, a una lotta decisa all’evasione fiscale, al contrasto severo dei reati contro l’ambiente, al rafforzamento della normativa contro la corruzione e a un sostegno più concreto agli organi inquirenti e agli amministratori impegnati contro mafie e criminalità, vero piombo nelle ali per l’intero Paese. Sono questi gli impegni inderogabili e le coerenze richieste alla politica se vogliamo che i cittadini abbiano di nuovo fiducia nella democrazia.
Sulla riforma dell’assetto istituzionale, siamo favorevoli a un sistema parlamentare semplificato e rafforzato, con un ruolo incisivo del governo e la tutela della funzione di equilibrio assegnata al Presidente della Repubblica. Riformuleremo un federalismo responsabile e bene ordinato che faccia delle autonomie un punto di forza dell’assetto democratico e unitario del Paese. Sono poi essenziali norme stringenti in materia di conflitto d’interessi, legislazione antitrust e libertà dell’informazione, secondo quei principi liberali che la destra italiana disconosce. Bisogna attuare a tutti i livelli la democrazia paritaria nell’idea che autonomia e responsabilità delle donne siano una leva essenziale della crescita. Ma soprattutto daremo vita a un meccanismo riformatore che dia finalmente concretezza e certezza di tempi alla funzione costituente della prossima legislatura.
Infine, ma non è l’ultima delle priorità, la politica deve recuperare autorevolezza, promuovere il rinnovamento, ridurre i suoi costi e la sua invadenza in ambiti che non le competono. Serve una politica sobria perché se gli italiani devono risparmiare, chi li governa deve farlo di più. A ogni livello istituzionale non sono accettabili emolumenti superiori alla media europea. Ma anche questo non basta.
Va approvata una riforma dei partiti, che alla riduzione del finanziamento pubblico affianchi una legge di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, e bisogna agire per la semplificazione e l’alleggerimento del sistema istituzionale e amministrativo. Occorrono piani industriali per ogni singola amministrazione pubblica al fine di produrre efficienza e risparmio. Riconoscere il limite della politica e dei partiti significa anche aprire il campo alle richieste d’impegno e mobilitazione che maturano nella società ed alle competenze che si affermano. Tutto ciò dovrà essere messo al concreto a cominciare dalle nomine in enti, società pubbliche e autorità di sorveglianza e da criteri di selezione nelle funzioni di governo.